Pages in topic: < [1 2 3 4 5 6 7 8 9] > | Dubbio "esistenziale": traduttori affermati che non riescono a fatturare per vivere degnamente? Thread poster: María José Iglesias
| Per amor di discussione | Sep 1, 2012 |
Ciao.
Diciamo che condivido buona parte di quanto è stato scritto in questa discussione, però... ci sono dei "però". Devo dire che ho seguito tutto il filone con un crescente senso di inquietudine, di disagio difficile da definire, tanto che ogni volta che vedo arrivare la notifica di un nuovo messaggio penso "ma non la finiscono ancora con questa storia?".
Vi scrivo alcune riflessioni, per favore cercate di capirne il senso, poi siete liberi di criticarmi quanto volete. ... See more Ciao.
Diciamo che condivido buona parte di quanto è stato scritto in questa discussione, però... ci sono dei "però". Devo dire che ho seguito tutto il filone con un crescente senso di inquietudine, di disagio difficile da definire, tanto che ogni volta che vedo arrivare la notifica di un nuovo messaggio penso "ma non la finiscono ancora con questa storia?".
Vi scrivo alcune riflessioni, per favore cercate di capirne il senso, poi siete liberi di criticarmi quanto volete.
- Vedo trattati con molta sufficienza, a volte arroganza, a volte si scende anche verso un certo disprezzo i traduttori che non raggiungono certi livelli di reddito. A volte ci si degna di aggiungere che "se sono capaci e si comportano in modo professionale riusciranno a togliersi da qulla situazione disgustosa, da quel limbo da cui sarebbe meglio uscire verso l'inferno che rimanerci".
Sarà che faccio parte di questa categoria, per quest'anno rimarrò contribuente minimo, l'anno prossimo dovrò cambiare regime ma per ragioni anagrafiche, non perché raggiungo certi livelli di fatturato. Diciamo che certi commenti mi scivolano addosso, non me la prendo: cerco di lavorare dignitosamente, a tariffe ragionevoli, riesco a fare quello che riesco.
Chiedo però: pensate a come si può sentire qualcuno di fronte a certe affermazioni che suonano come critiche se non come accuse?
Qualcuno che ha la "colpa" di essere specializzato in lingue o argomenti che per il momento non sono al centro del mercato, ad esempio. Certo che si può specializzare in altro, ma non basta né un giorno né un mese per farlo.
Oppure qualcuno che non può, semplicemente non può prendersi certi impegni di traduzioni perché si è trovato in difficoltà personale, senza andare ad indagare perché e per come.
Sono magari persone che non si lamentano a vuoto, non piagnucolano in pubblico, si impegnano, si danno da fare, lavorano in modo professionale, ma non hanno il carico di lavoro (e di introiti) che vorrebbero.
Certi commenti stroncano le gambe anche... alle sedie, che di gambe ne hanno quattro.
- Discorsi vari su tariffe che non permettono di raggiungere i certi livelli di reddito di cui si parla: d'accordo e mille volte d'accordo, non si deve svendere il proprio lavoro.
MA: è impossibile vivere al di sotto di un reddito di X mila euro se non si ha la casa di proprietà, un partner disposto alla generosità ecc.
OK. Guardiamola da un'altra prospettiva.
Il traduttore XY - o la traduttrice ZT - vive in una casa di proprietà con il partner che ha un buon lavoro, uno stipendio abbastanza elevato ed accetta che l'altro partner contribuisca all'economia famigliare con quello che può, cioè entrate derivanti da un lavoro freelance e da contributi in economia al ménage nel tempo in cui non lavora (orto, pulizie, bambini, organizzazione delle cose a cui in una casa serve pensare, ad es. vacanze, come investire i due soldi che si hanno da parte, insomma tutto quello che non è lavoro pagato).
Bene. Questo freelance XY dovrebbe forse cambiare lavoro, o tentare di farlo, magari diventando un dipendente perché da freelance non ha certi redditi? O per orgoglio dovrebbe addirittura fare a meno di lavorare tout court? Perché questa sembra la conclusione non scritta di alcuni interventi: non arrivate ad un reddito X, ma che volete stare a fare al mondo? (In un certo senso, è un atteggiamento eugenetico).
O è meglio che contribuisca comunque alle entrate più che può? E cercare di costrure un futuro CON la propria famiglia, visto che ognuno di noi è una persona indipendente ma che vive inuna rete di legami sociali?
- Reddito dignitoso, vivere degnamente, miseria ecc.: si è parlato più volte di come con certi redditi non si possa vivere, non ci si possa permettere né il cinema né il gelato la domenica pomeriggio, e si conclude con "ah, noi come categoria siamo proprio bistrattati".
Non è così. Siamo bistrattati sì, ma non noi come categoria: noi come persone umane.
Li ho vicini a me gli esempi: persone che con 30 anni di lavoro (nel dorato regno del lavoro dipendente) come operai tessili hanno stipendi attorno ai 900 euro netti. Persone del settore gomma-plastica che raggiungono i 1000 euro netti solo se al lavoro normale aggiungono una quarantina di ore di straordinario al mese.
E, nonostante questi livelli di reddito, non si sognano di vergognarsi di portare a casa questi salari, perché in quei settori la realtà è questa.
E anche loro, con le loro famiglie, si fanno i conti sul fatto che con queste entrate è difficile pagare il mutuo, permettersi due giorni di mare, comperare le scarpe nuove ai bambini.
Con la differenza che non possono permettersi di dire, come potrebbe fare un freelance, "no, questo lavoro non lo accetto, non lo quoto nemmeno" oppure "avevo offerto una certa tariffa e mi chiedete uno sconto inaccettabile, andate altrove".
Che cosa voglio dire con questo mio intervento? Forse che bisogna anche cercare di andare al di là della dichiarazione dei redditi del tale o del tal altro. Forse che non capisco perché se, secondo qualcuno da freelance si vive così male, lo stesso qualcuno non pensi nemmeno a cambiare registro. Forse qualcosa d'altro.
Criticate pure ▲ Collapse | | |
Manuela Dal Castello wrote:
Ciao.
Diciamo che condivido buona parte di quanto è stato scritto in questa discussione, però... ci sono dei "però". Devo dire che ho seguito tutto il filone con un crescente senso di inquietudine, di disagio difficile da definire, tanto che ogni volta che vedo arrivare la notifica di un nuovo messaggio penso "ma non la finiscono ancora con questa storia?".
Vi scrivo alcune riflessioni, per favore cercate di capirne il senso, poi siete liberi di criticarmi quanto volete.
- Vedo trattati con molta sufficienza, a volte arroganza, a volte si scende anche verso un certo disprezzo i traduttori che non raggiungono certi livelli di reddito. A volte ci si degna di aggiungere che "se sono capaci e si comportano in modo professionale riusciranno a togliersi da qulla situazione disgustosa, da quel limbo da cui sarebbe meglio uscire verso l'inferno che rimanerci".
Sarà che faccio parte di questa categoria, per quest'anno rimarrò contribuente minimo, l'anno prossimo dovrò cambiare regime ma per ragioni anagrafiche, non perché raggiungo certi livelli di fatturato. Diciamo che certi commenti mi scivolano addosso, non me la prendo: cerco di lavorare dignitosamente, a tariffe ragionevoli, riesco a fare quello che riesco.
Chiedo però: pensate a come si può sentire qualcuno di fronte a certe affermazioni che suonano come critiche se non come accuse?
Qualcuno che ha la "colpa" di essere specializzato in lingue o argomenti che per il momento non sono al centro del mercato, ad esempio. Certo che si può specializzare in altro, ma non basta né un giorno né un mese per farlo.
Oppure qualcuno che non può, semplicemente non può prendersi certi impegni di traduzioni perché si è trovato in difficoltà personale, senza andare ad indagare perché e per come.
Sono magari persone che non si lamentano a vuoto, non piagnucolano in pubblico, si impegnano, si danno da fare, lavorano in modo professionale, ma non hanno il carico di lavoro (e di introiti) che vorrebbero.
Certi commenti stroncano le gambe anche... alle sedie, che di gambe ne hanno quattro.
- Discorsi vari su tariffe che non permettono di raggiungere i certi livelli di reddito di cui si parla: d'accordo e mille volte d'accordo, non si deve svendere il proprio lavoro.
MA: è impossibile vivere al di sotto di un reddito di X mila euro se non si ha la casa di proprietà, un partner disposto alla generosità ecc.
OK. Guardiamola da un'altra prospettiva.
Il traduttore XY - o la traduttrice ZT - vive in una casa di proprietà con il partner che ha un buon lavoro, uno stipendio abbastanza elevato ed accetta che l'altro partner contribuisca all'economia famigliare con quello che può, cioè entrate derivanti da un lavoro freelance e da contributi in economia al ménage nel tempo in cui non lavora (orto, pulizie, bambini, organizzazione delle cose a cui in una casa serve pensare, ad es. vacanze, come investire i due soldi che si hanno da parte, insomma tutto quello che non è lavoro pagato).
Bene. Questo freelance XY dovrebbe forse cambiare lavoro, o tentare di farlo, magari diventando un dipendente perché da freelance non ha certi redditi? O per orgoglio dovrebbe addirittura fare a meno di lavorare tout court? Perché questa sembra la conclusione non scritta di alcuni interventi: non arrivate ad un reddito X, ma che volete stare a fare al mondo? (In un certo senso, è un atteggiamento eugenetico).
O è meglio che contribuisca comunque alle entrate più che può? E cercare di costrure un futuro CON la propria famiglia, visto che ognuno di noi è una persona indipendente ma che vive inuna rete di legami sociali?
- Reddito dignitoso, vivere degnamente, miseria ecc.: si è parlato più volte di come con certi redditi non si possa vivere, non ci si possa permettere né il cinema né il gelato la domenica pomeriggio, e si conclude con "ah, noi come categoria siamo proprio bistrattati".
Non è così. Siamo bistrattati sì, ma non noi come categoria: noi come persone umane.
Li ho vicini a me gli esempi: persone che con 30 anni di lavoro (nel dorato regno del lavoro dipendente) come operai tessili hanno stipendi attorno ai 900 euro netti. Persone del settore gomma-plastica che raggiungono i 1000 euro netti solo se al lavoro normale aggiungono una quarantina di ore di straordinario al mese.
E, nonostante questi livelli di reddito, non si sognano di vergognarsi di portare a casa questi salari, perché in quei settori la realtà è questa.
E anche loro, con le loro famiglie, si fanno i conti sul fatto che con queste entrate è difficile pagare il mutuo, permettersi due giorni di mare, comperare le scarpe nuove ai bambini.
Con la differenza che non possono permettersi di dire, come potrebbe fare un freelance, "no, questo lavoro non lo accetto, non lo quoto nemmeno" oppure "avevo offerto una certa tariffa e mi chiedete uno sconto inaccettabile, andate altrove".
Che cosa voglio dire con questo mio intervento? Forse che bisogna anche cercare di andare al di là della dichiarazione dei redditi del tale o del tal altro. Forse che non capisco perché se, secondo qualcuno da freelance si vive così male, lo stesso qualcuno non pensi nemmeno a cambiare registro. Forse qualcosa d'altro.
Criticate pure
Condivido Manuela, dalla prima parola all'ultima. E aggiungo che oggi, per quanto possa essere per certi versi interessante, pensare alla nostra professione separandola dalla vita, dal lavoro degli altri e dalla situazione generale non solo è sbagliato ma è dannoso. Deforma lo sguardo e il punto di vista. Come dici tu: "siamo bistrattati sì, ma non noi come categoria, noi come persone umane". | | | dropinka (X) Italy English to Italian + ...
L’intervento di Manuela (che ho apprezzato moltissimo) mi porta a scrivere di nuovo per chiarire il senso dei messaggi precedenti.
Ho riportato qualche calcolo solo per cercare di mostrare che il netto è sì circa metà del lordo (e questo vale per tutti, anche per i dipendenti, perché la RAL è ben diversa da quanto poi arriva in tasca), ma che per livelli più di bassi di fatturato e/o regimi fiscali particolarmente vantaggiosi, il netto è il 55-70% del lordo. Se ci sono dell... See more L’intervento di Manuela (che ho apprezzato moltissimo) mi porta a scrivere di nuovo per chiarire il senso dei messaggi precedenti.
Ho riportato qualche calcolo solo per cercare di mostrare che il netto è sì circa metà del lordo (e questo vale per tutti, anche per i dipendenti, perché la RAL è ben diversa da quanto poi arriva in tasca), ma che per livelli più di bassi di fatturato e/o regimi fiscali particolarmente vantaggiosi, il netto è il 55-70% del lordo. Se ci sono delle spese, ovviamente il netto aumenta (si pagano meno tasse), ma bisognerebbe indagare la natura di queste spese, come ho già scritto.
Tutto questo non per indicare ipotetici obiettivi di fatturato sotto i quali non si è degni di essere chiamati liberi professionisti (purtroppo un atteggiamento diffuso, non qui nel forum ma in generale, è quello della serie "se sei libero professionista devi fare i milioni, altrimenti sei uno sfigato che faceva meglio a fare il dipendente"), ma soltanto per tentare di far luce su questi famosi € 30.000 del post iniziale. Va anche detto che bisogna vedere a quante ore di lavoro corrispondono: se uno lavora sì e no quattro ore al giorno e fa € 30.000, di fatto la sua redditività è superiore a quella di chi lavora otto ore al giorno e fa € 50.000.
Invece non amo particolarmente il discorso "voi che fatturate così poco, ma come fate a campare?", e sottoscrivo in pieno quanto detto da Manuela.
Claudia ▲ Collapse | | |
Claudia Benetello wrote:
L’intervento di Manuela (che ho apprezzato moltissimo) mi porta a scrivere di nuovo per chiarire il senso dei messaggi precedenti.
Ho riportato qualche calcolo solo per cercare di mostrare che il netto è sì circa metà del lordo (e questo vale per tutti, anche per i dipendenti, perché la RAL è ben diversa da quanto poi arriva in tasca), ma che per livelli più di bassi di fatturato e/o regimi fiscali particolarmente vantaggiosi, il netto è il 55-70% del lordo. Se ci sono delle spese, ovviamente il netto aumenta (si pagano meno tasse), ma bisognerebbe indagare la natura di queste spese, come ho già scritto.
Tutto questo non per indicare ipotetici obiettivi di fatturato sotto i quali non si è degni di essere chiamati liberi professionisti (purtroppo un atteggiamento diffuso, non qui nel forum ma in generale, è quello della serie "se sei libero professionista devi fare i milioni, altrimenti sei uno sfigato che faceva meglio a fare il dipendente"), ma soltanto per tentare di far luce su questi famosi € 30.000 del post iniziale. Va anche detto che bisogna vedere a quante ore di lavoro corrispondono: se uno lavora sì e no quattro ore al giorno e fa € 30.000, di fatto la sua redditività è superiore a quella di chi lavora otto ore al giorno e fa € 50.000.
Invece non amo particolarmente il discorso "voi che fatturate così poco, ma come fate a campare?", e sottoscrivo in pieno quanto detto da Manuela.
Claudia
...e aggiungi che saranno poveri, un domani, anche quelli che oggi fatturano 60.000 euro l'anno, perché potranno arrivare a una pensione di sì e no quanto, 1500, 1800 euro al mese, dopo aver trascorso la vita intera con un tenore di vita ben più elevato, chiaro che per loro sarà un impoverimento e anche serio. Spero che dopo i miei calcoli ti sia convinta, Claudia, che non è offensivo bensì molto realista parlare del fatto che saremo _poveri_ da anziani, tutti, un paese intero, il che molto realisticamente significa prevedere che l'Italia, come Stato e come istituzione, non ha ancora molti anni davanti a sé. Non è fantapolitica, ma pensiero del futuro basato sulla realtà che ci circonda e non sulle menzogne di qualche mestierante al potere.
Fra l'altro: chi si fida della pensione integrativa? Non io - che non mi fido per niente - ma la maggioranza delle persone di questo paese non si fida della pensione integrativa e la rifugge, perché la pensione integrativa non è altro che la sostituzione di un diritto con una merce da acquistare, e una merce sottoposta alle fluttuazioni delle banche, delle borse, delle assicurazioni, insomma dei maramaldi peggiori che esistono. Le pensioni integrative non funzionano, non solo e non tanto perché sono costi in più, ma perché si tratta di mettere il proprio destino in mano a famiglie comprovate di ladri. Infatti è solo una stretta minoranza del paese che ce l'ha, ed è anche per questo motivo non solo perché costano.
Ultimissima precisazione su un dettaglio secondario, poi basta per oggi: a me il commercialista ha detto che posso farmi fatturare e scaricare ogni tipo di spostamento, viaggio e pernottamento, ma probabilmente dipende dal fatto che la mia partita IVA comprende anche attività giornalistica.
[Edited at 2012-09-01 08:08 GMT] | |
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dropinka (X) Italy English to Italian + ...
Federica D'Alessio wrote:
...e aggiungi che saranno poveri, un domani, anche quelli che oggi fatturano 60.000 euro l'anno, perché potranno arrivare a una pensione di sì e no quanto, 1500, 1800 euro al mese, dopo aver trascorso la vita intera con un tenore di vita ben più elevato, chiaro che per loro sarà un impoverimento e anche serio. Spero che dopo i miei calcoli ti sia convinta, Claudia, che non è offensivo bensì molto realista parlare del fatto che saremo _poveri_ da anziani, tutti, un paese intero, il che molto realisticamente significa prevedere che l'Italia, come Stato e come istituzione, non ha ancora molti anni davanti a sé. Non è fantapolitica, ma pensiero del futuro basato sulla realtà che ci circonda e non sulle menzogne di qualche mestierante al potere.
Sul fatto che sia un calo del tenore di vita posso essere d'accordo. Sul fatto che sia una condizione di povertà, no.
Ultimissima precisazione su un dettaglio secondario, poi basta per oggi: a me il commercialista ha detto che posso farmi fatturare e scaricare ogni tipo di spostamento, viaggio e pernottamento, ma probabilmente dipende dal fatto che la mia partita IVA comprende anche attività giornalistica.
Teniamo sempre presente che ci sono gli studi di settore, che sono fondamentalmente un rapporto tra entrate e uscite: se fai tot euro di spese di viaggi, devi poi produrre tot euro di fatture da attività giornalistica.
Claudia | | | No no, povertà | Sep 1, 2012 |
Claudia Benetello wrote:
Sul fatto che sia un calo del tenore di vita posso essere d'accordo. Sul fatto che sia una condizione di povertà, no.
Claudia
Calo sensibile del tenore di vita, da 60.000 euro l'anno a 22/25.000 euro l'anno (lorde).
Povertà, da 30.000/40.000 euro l'anno a 9.000 euro l'anno (lorde).
L'80% delle persone che andrà in pensione fra 30 anni, e forse l'80% è troppo poco, rientra nel secondo caso. | | |
Federica D'Alessio wrote:
Claudia Benetello wrote:
Sul fatto che sia un calo del tenore di vita posso essere d'accordo. Sul fatto che sia una condizione di povertà, no.
Claudia
Calo sensibile del tenore di vita, da 60.000 euro l'anno a 22/25.000 euro l'anno (lorde).
Povertà, da 30.000/40.000 euro l'anno a 9.000 euro l'anno (lorde).
L'80% delle persone che andrà in pensione fra 30 anni, e forse l'80% è troppo poco, rientra nel secondo caso.
Di nuovo un però: chi ha certi introiti può anche pensare prima a quando il suo tenore di vita si ridurrà.
Gli altri, tra cui anch'io, non si illudano di andare in pensione né a 70 anni né mai... ce ne andremo con gli strumenti del lavoro tra le mani e l'ago da trasfusione sul braccio.
Ora cerco di cambiare prospettiva, almeno per questo fine settimana: godo il presente, del doman non v'è certezza, chi vuol esser lieto sia! | | | dropinka (X) Italy English to Italian + ... Lo stesso atteggiamento che ho io | Sep 1, 2012 |
Manuela Dal Castello wrote:
Di nuovo un però: chi ha certi introiti può anche pensare prima a quando il suo tenore di vita si ridurrà.
Infatti.
Ora cerco di cambiare prospettiva, almeno per questo fine settimana: godo il presente, del doman non v'è certezza, chi vuol esser lieto sia!
Questo è lo stesso atteggiamento che ho io. Tanto più che, se arrivo a 50 anni d'età, già supero mia madre e mia zia, e non mi pare poco. Scusate l'off-topic.
Claudia | |
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Manuela Dal Castello wrote:
Federica D'Alessio wrote:
Claudia Benetello wrote:
Sul fatto che sia un calo del tenore di vita posso essere d'accordo. Sul fatto che sia una condizione di povertà, no.
Claudia
Calo sensibile del tenore di vita, da 60.000 euro l'anno a 22/25.000 euro l'anno (lorde).
Povertà, da 30.000/40.000 euro l'anno a 9.000 euro l'anno (lorde).
L'80% delle persone che andrà in pensione fra 30 anni, e forse l'80% è troppo poco, rientra nel secondo caso.
Di nuovo un però: chi ha certi introiti può anche pensare prima a quando il suo tenore di vita si ridurrà.
Gli altri, tra cui anch'io, non si illudano di andare in pensione né a 70 anni né mai... ce ne andremo con gli strumenti del lavoro tra le mani e l'ago da trasfusione sul braccio.
Ora cerco di cambiare prospettiva, almeno per questo fine settimana: godo il presente, del doman non v'è certezza, chi vuol esser lieto sia!
Può pensarci prima ma non può fare miracoli. Se come ho detto, fatturando 60mila euro l'anno cioè stramazzandoti di lavoro, arriverai con tanto di pensione integrativa a non più di 25mila euro l'anno lorde, c'è poco da fare, la realtà è quella che è.
Per il resto io la penso come voi due: godo il presente anch'io, ovvero non ci penso proprio ad arrivare a fatturare 60mila euro l'anno facendomi un mxxxo così, sto bene come sto e chi vivrà vedrà, e non ci si sogni di dirmi che sono meno professionista, meno brava, meno realizzata e men che meno, meno felice per questo.
Aggiungo però che se c'è da pensare al futuro - e ovviamente c'è - sarà perché insieme, tutte insieme, le persone capiranno che è il caso di ripensare un intero modo di vivere; le formichine individuali che pensano solo a se stesse e accantonano di qua e accantonano di là, per come la vedo io hanno fatto il loro tempo e saranno travolte dal crollo inevitabile, e oserei dire imminente, di questo sistema economico e sociale, proprio come tutti gli altri.
Era questo il senso del mio primo intervento e di tutti gli altri. | | | dropinka (X) Italy English to Italian + ... Scusa la franchezza... | Sep 1, 2012 |
Federica D'Alessio wrote:
Se come ho detto, fatturando 60mila euro l'anno cioè stramazzandoti di lavoro, arriverai con tanto di pensione integrativa a non più di 25mila euro l'anno lorde, c'è poco da fare, la realtà è quella che è.
Per il resto io la penso come voi due: godo il presente anch'io, ovvero non ci penso proprio ad arrivare a fatturare 60mila euro l'anno facendomi un mxxxo così, sto bene come sto e chi vivrà vedrà, e non ci si sogni di dirmi che sono meno professionista, meno brava, meno realizzata e men che meno, meno felice per questo.
Il punto è: chi fattura €60.000 si ammazza di lavoro? Non è una domanda retorica, è una domanda e basta. La pongo a te perché due anni fa mi sembravi di tutt'altro avviso (della serie "basta essere mediamente bravi per fare € 50.000 e basta essere semplicemente in gamba e non geni per fare € 100.000"). Francamente ora sono un po' spiazzata.
Claudia | | | Direi di sì, fatturare 60.000 euro l'anno è faticoso | Sep 1, 2012 |
Claudia Benetello wrote:
Federica D'Alessio wrote:
Se come ho detto, fatturando 60mila euro l'anno cioè stramazzandoti di lavoro, arriverai con tanto di pensione integrativa a non più di 25mila euro l'anno lorde, c'è poco da fare, la realtà è quella che è.
Per il resto io la penso come voi due: godo il presente anch'io, ovvero non ci penso proprio ad arrivare a fatturare 60mila euro l'anno facendomi un mxxxo così, sto bene come sto e chi vivrà vedrà, e non ci si sogni di dirmi che sono meno professionista, meno brava, meno realizzata e men che meno, meno felice per questo.
Il punto è: chi fattura €60.000 si ammazza di lavoro? Non è una domanda retorica, è una domanda e basta. La pongo a te perché due anni fa mi sembravi di tutt'altro avviso (della serie "basta essere mediamente bravi per fare € 50.000 e basta essere semplicemente in gamba e non geni per fare € 100.000"). Francamente ora sono un po' spiazzata.
Claudia
Essere mediamente bravi o molto in gamba non significa lavorare poco o non doversi impegnare.
Come ho cercato di dire: secondo me, non è che sia impossibile per colpa del mercato. E' che non ne vale la pena per causa di ragioni strutturali, in primis il fisco attuale, in secondo luogo il fatto che secondo me saremo tutti poveri, fra qualche decennio.
Ma ora come ora, per fatturare 60.000 euro l'anno basta lavorare 1000 ore l'anno a 60 euro l'ora, o 2000 ore l'anno a 30 euro l'ora. E' inarrivabile? Non credo proprio. E' faticoso? Direi proprio di sì. Ed è una fatica anche psicologica e motivazionale, o forse soprattutto, per i motivi di cui sopra e che non ho alcuna voglia di stare a rispiegare per l'ennesima volta.
Cosa c'è che ti spiazza? Non ci trovo proprio niente di spiazzante. | | |
Manuela Dal Castello wrote:
Ciao.
Diciamo che condivido buona parte di quanto è stato scritto in questa discussione, però... ci sono dei "però". Devo dire che ho seguito tutto il filone con un crescente senso di inquietudine, di disagio difficile da definire, tanto che ogni volta che vedo arrivare la notifica di un nuovo messaggio penso "ma non la finiscono ancora con questa storia?".
Vi scrivo alcune riflessioni, per favore cercate di capirne il senso, poi siete liberi di criticarmi quanto volete.
- Vedo trattati con molta sufficienza, a volte arroganza, a volte si scende anche verso un certo disprezzo i traduttori che non raggiungono certi livelli di reddito. A volte ci si degna di aggiungere che "se sono capaci e si comportano in modo professionale riusciranno a togliersi da qulla situazione disgustosa, da quel limbo da cui sarebbe meglio uscire verso l'inferno che rimanerci".
Sarà che faccio parte di questa categoria, per quest'anno rimarrò contribuente minimo, l'anno prossimo dovrò cambiare regime ma per ragioni anagrafiche, non perché raggiungo certi livelli di fatturato. Diciamo che certi commenti mi scivolano addosso, non me la prendo: cerco di lavorare dignitosamente, a tariffe ragionevoli, riesco a fare quello che riesco.
Chiedo però: pensate a come si può sentire qualcuno di fronte a certe affermazioni che suonano come critiche se non come accuse?
Qualcuno che ha la "colpa" di essere specializzato in lingue o argomenti che per il momento non sono al centro del mercato, ad esempio. Certo che si può specializzare in altro, ma non basta né un giorno né un mese per farlo.
Oppure qualcuno che non può, semplicemente non può prendersi certi impegni di traduzioni perché si è trovato in difficoltà personale, senza andare ad indagare perché e per come.
Sono magari persone che non si lamentano a vuoto, non piagnucolano in pubblico, si impegnano, si danno da fare, lavorano in modo professionale, ma non hanno il carico di lavoro (e di introiti) che vorrebbero.
Certi commenti stroncano le gambe anche... alle sedie, che di gambe ne hanno quattro.
- Discorsi vari su tariffe che non permettono di raggiungere i certi livelli di reddito di cui si parla: d'accordo e mille volte d'accordo, non si deve svendere il proprio lavoro.
MA: è impossibile vivere al di sotto di un reddito di X mila euro se non si ha la casa di proprietà, un partner disposto alla generosità ecc.
OK. Guardiamola da un'altra prospettiva.
Il traduttore XY - o la traduttrice ZT - vive in una casa di proprietà con il partner che ha un buon lavoro, uno stipendio abbastanza elevato ed accetta che l'altro partner contribuisca all'economia famigliare con quello che può, cioè entrate derivanti da un lavoro freelance e da contributi in economia al ménage nel tempo in cui non lavora (orto, pulizie, bambini, organizzazione delle cose a cui in una casa serve pensare, ad es. vacanze, come investire i due soldi che si hanno da parte, insomma tutto quello che non è lavoro pagato).
Bene. Questo freelance XY dovrebbe forse cambiare lavoro, o tentare di farlo, magari diventando un dipendente perché da freelance non ha certi redditi? O per orgoglio dovrebbe addirittura fare a meno di lavorare tout court? Perché questa sembra la conclusione non scritta di alcuni interventi: non arrivate ad un reddito X, ma che volete stare a fare al mondo? (In un certo senso, è un atteggiamento eugenetico).
O è meglio che contribuisca comunque alle entrate più che può? E cercare di costrure un futuro CON la propria famiglia, visto che ognuno di noi è una persona indipendente ma che vive inuna rete di legami sociali?
- Reddito dignitoso, vivere degnamente, miseria ecc.: si è parlato più volte di come con certi redditi non si possa vivere, non ci si possa permettere né il cinema né il gelato la domenica pomeriggio, e si conclude con "ah, noi come categoria siamo proprio bistrattati".
Non è così. Siamo bistrattati sì, ma non noi come categoria: noi come persone umane.
Li ho vicini a me gli esempi: persone che con 30 anni di lavoro (nel dorato regno del lavoro dipendente) come operai tessili hanno stipendi attorno ai 900 euro netti. Persone del settore gomma-plastica che raggiungono i 1000 euro netti solo se al lavoro normale aggiungono una quarantina di ore di straordinario al mese.
E, nonostante questi livelli di reddito, non si sognano di vergognarsi di portare a casa questi salari, perché in quei settori la realtà è questa.
E anche loro, con le loro famiglie, si fanno i conti sul fatto che con queste entrate è difficile pagare il mutuo, permettersi due giorni di mare, comperare le scarpe nuove ai bambini.
Con la differenza che non possono permettersi di dire, come potrebbe fare un freelance, "no, questo lavoro non lo accetto, non lo quoto nemmeno" oppure "avevo offerto una certa tariffa e mi chiedete uno sconto inaccettabile, andate altrove".
Che cosa voglio dire con questo mio intervento? Forse che bisogna anche cercare di andare al di là della dichiarazione dei redditi del tale o del tal altro. Forse che non capisco perché se, secondo qualcuno da freelance si vive così male, lo stesso qualcuno non pensi nemmeno a cambiare registro. Forse qualcosa d'altro.
Criticate pure
Oltre a quotare tutto, aggiungo, per amor di cronaca che tra i miei colleghi di università (ingegneri) la maggior parte dei dipendenti non riceve uno stipendio superiore ai 1500-1600 euro max, almeno nella realtà torinese. Molti attualmente sono anche frequentemente in cassa.
Non fa molta differenza per la maggior parte di quelli che lavorano con partita IVA, come consulenti ecc. ecc. Le eccezioni e le ottime retribuzioni ci sono, ma sono appunto eccezioni.
Insomma, il limite di "dignità" (sorvolando sul fatto che per la mia sensibilità un lavoro per essere dignitoso basta che sia onesto) posto a 50mila o 60mila euro di fatturato annuo, a me sembra sinceramente una boutade nella realtà italiana di oggi.
E francamente nei momenti in cui posso aver considerato la possibilità di un'altra occupazione, magari da dipendente, e ho fatto dei conti realistici sono arrivata a conclusioni molto diverse. La mia realtà è che attualmente, a meno di aver risparmi da investire (che mi verrebbero ovviamente forniti dall'attività di traduttore perché altre fonti ne ho) sarebbe molto difficile trovare un'attività che nel giro di 2-3 anni mi desse la possibilità di mantenere il tenore di vita che mantengo adesso (che comporta per ragioni diverse e personali non legate alla professione, molte spese fisse al mese).
Oltre a tutte le ragioni, ottime elencate da Mariella.
Quindi, come categoria, ho proprio grosse difficoltà a sentirmi particolarmente bistrattata.
[Modificato alle 2012-09-01 10:29 GMT] | |
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dropinka (X) Italy English to Italian + ... Qualcosa non torna | Sep 1, 2012 |
Federica D'Alessio wrote:
Essere mediamente bravi o molto in gamba non significa lavorare poco o non doversi impegnare.
Come ho cercato di dire: secondo me, non è che sia impossibile per colpa del mercato. E' che non ne vale la pena per causa di ragioni strutturali, in primis il fisco attuale, in secondo luogo il fatto che secondo me saremo tutti poveri, fra qualche decennio.
Ma ora come ora, per fatturare 60.000 euro l'anno basta lavorare 1000 ore l'anno a 60 euro l'ora, o 2000 ore l'anno a 30 euro l'ora. E' inarrivabile? Non credo proprio. E' faticoso? Direi proprio di sì. Ed è una fatica anche psicologica e motivazionale, o forse soprattutto, per i motivi di cui sopra e che non ho alcuna voglia di stare a rispiegare per l'ennesima volta.
Cosa c'è che ti spiazza? Non ci trovo proprio niente di spiazzante.
A costo di suonare antipatica, cito quanto scrivevi due anni fa: "Per esperienza personale diretta e indiretta posso dire che in questo mestiere non occorre essere dei geni, ma mediamente bravi, per fatturare 50mila euro l'anno persino senza avere clienti diretti. Non è inverosimile un fatturato di 100mila euro l'anno se si è semplicemente in gamba, non dei geni. Tolto anche il 50% tra tasse e balzelli, rimangono 25mila euro netti l'anno, nel primo caso. Più di 2000 euro netti al mese. Per un lavoro che fai quando e come ti pare e tolte anche molte spese che ti scarichi dalle tasse".
Lì parlavi di € 50.000 e non di € 60.000, ma non so se sia una differenza di € 10.000 di fatturato a comportare la grande fatica di cui parli ora.
Quello che mi spiazza è il tuo attuale pessimismo rispetto ai discorsi che facevi prima. Se uno fattura € 100.000, avrà un netto di oltre € 4.000 al mese, e penso che abbia i mezzi ecomici per affrontare il problema di come campare quando andrà in pensione. Se uno fattura € 60.000, avrà un netto di € 2.500: certo, sarà un po' tirato, ma forse qualche investimentino lo può fare. Se fattura € 30.000, il discorso cambia.
A mio avviso, posto che il sistema previdenziale italiano non funziona, il problema della povertà di cui parli riguarda solo chi ha bassi livelli di fatturato e non ha altre entrate. Personalmente non ho la minima idea di quanto fatturino tutti i traduttori d'Italia (per poter così avere una media indicativa), e non potrò mai sapere se hanno solo quella fonte di reddito (penso ad esempio a una situazione famigliare come quella citata da Manuela, che non penso affatto sia così rara): per questo faccio fatica a condividere il tuo pessimismo.
Claudia | | | Ti rispondo dopo con calma | Sep 1, 2012 |
...ora sto per prendere un autobus! | | |
A_Nespoli wrote:
Oltre a quotare tutto, aggiungo, per amor di cronaca che tra i miei colleghi di università (ingegneri) la maggior parte dei dipendenti non riceve uno stipendio superiore ai 1500-1600 euro max, almeno nella realtà torinese. Molti attualmente sono anche frequentemente in cassa.
Non fa molta differenza per la maggior parte di quelli che lavorano con partita IVA, come consulenti ecc. ecc. Le eccezioni e le ottime retribuzioni ci sono, ma sono appunto eccezioni.
È esattamente quello che intendevo io. Ovvio che ci sono le eccezioni, ma io personalmente non mi sento di invidiare le altre professioni, almeno in Italia. Anzi, mi sento più fortunata per molti aspetti che forse non è necessario elencare, anche perché immagino che andrei fuori tema. Voglio dire, non credo che il traduttore sia la tipica professione di chi vuole "fare soldi", ma si può vivere dignitosamente del proprio lavoro esattamente come molte altre categorie in cui allo stesso modo è richiesta non solo una laurea, ma anche una specializzazione, con tanto di tirocinio, di esperienza, ecc. E per quello che vedo io, è un settore che ha delle potenzialità, certo, forse non per tutti (esattamente come nelle altre professioni), però le ha.
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